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Che cosa è la CROSS-EXAMINATION?

Oggi il processo penale italiano è di tipo “accusatorio”, dopo la riforma del 1988 che mandò in pensione il precedente sistema “inquisitorio”.

In questo rito, in cui la prova si forma al dibattimento processuale, davanti al giudice (o alla corte d’assise, per i reati più gravi), uno dei momenti più cruciali e delicati è quello del controesame (cross-examination) dei testi e dei consulenti tecnici che vengono sentiti pubblicamente in aula.

La cross-examination del nostro ordinamento è molto simile a quella del sistema penale americano, che conosciamo attraverso i legal thriller come “Codice d’onore” dove Tom Cruise interroga Jack Nicholson, oppure “Presunto innocente” dove la tesi del medico legale viene ‘smontata’ proprio durante la cross-examination.

Su cosa si basa?

Nel processo penale, giunti al dibattimento, le parti processuali, ovvero PM e avvocati delle parti, devono portare davanti al giudice tutto quanto hanno studiato, compreso, creato e ricostruito nella fase di indagini preliminari.

Una delle prove di cui si avvalgono è l’esame dei testimoni e/o dei CT, chiamati secondo l’ordine prestabilito dal codice di procedura: in primis i testi del PM, poi quelli della parte civile ed infine quelli chiamati dalla difesa dell’imputato.

Al teste vengono poste domande dalla parte che lo ha citato (fase di esame) e, a seguire, parte il controesame secondo l’ordine prima indicato; questa fase di controesame serve a  mettere in luce tutte le incertezze, imprecisioni e lacune della testimonianza resa ovvero i motivi della sua  scarsa affidabilità. Nel caso dei CT serve anche a dimostrare che la relazione tecnica portata in aula (che con la riforma Cartabia adesso viene depositata in anticipo e quindi studiata da tutti) è errata o contraddittoria o comunque contraria alla maggior parte della Letteratura scientifica.

La parte che ha chiamato il teste, se c’è stato il controesame, può poi chiudere col cosiddetto riesame ossia porre domande finali che servono ad eventualmente “recuperare” quello che può essere andato perso nel controesame.

Le domande che vengono poste, in fase di esame/controesame/riesame non possono essere “suggestive” ossia non devono contenere o suggerire la risposta.

A cosa serve?

Cerca di minare il contenuto della deposizione effettuata dal testimone o della relazione tecnica del CT/perito, in modo da renderla meno autorevole e credibile agli occhi del giudice, quando non addirittura demolirla.

Cosa implica?

Premesso che il CT deve non solo saper “tradurre” le conoscenze tecniche in una forma comprensibile per avvocati e magistrati, ma anche saperle esporre in forma scritta e “dibattere” in forma orale, nella cross-examination a cura di PM o avvocati è necessario prima avere una solida base tecnica, poi una buona conoscenza della dialettica e competenze di tipo comunicativo ed infine essere molto rapidi ad intuire dove una certa domanda, mentre viene posta, vuole andare a parare.

Pochi giorni fa l’ing. Fabrizio Mario Vinardi è stato chiamato come CT nell’udienza del caso Roggero, il gioielliere di Grinzane Cavour che durante una rapina sparò ai malviventi.

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