Infortunio mortale in cantiere
Lavori in quota con PLE (Piattaforma di Lavoro Elevatrice)
Estate 2009, la stazione appaltante ALFA aveva programmato il rifacimento delle coperture di alcuni capannoni industriali, appaltando i lavori alla ditta specializzata BETA (una società in nome collettivo costituita da due soci lavoratori, poi infortunatisi, e da due dipendenti) che per la specifica lavorazione aveva noleggiato dal proprio fornitore abituale, l'azienda GAMMA, una PLE - Piattaforma di Lavoro mobile Elevabile con nolo a freddo (ossia senza operatore), idonea alla tipologiadi lavoro già utilizzata in passato.
In particolare, il mezzo noleggiato si compone di un "carro" multifunzione (prdotto dalla ditta DELTA) dotato di braccio telescopico su cui possono essere montate varie tipologie di attrezzature, tra cui una piattaforma portapersone (detta anche navicella o cesta). prodotta dalla ditta EPSILON.
Per la prevista marcatura CE il sistema carro/piattaforma era stato a suo tempo sottoposto a verifica da parte dell'organismo notificato ZETA.
Al momento dell'infortunio le condizioni ambientali erano ideali (cielo sereno, temperatura buona, luce diurna) e si era all'inizio del turno di lavoro, quindi anche le condizioni psico-fisiche dei lavoratori si può presumere fossero ottimali, senza affaticamento e/o sonnolenza post-prandiale; i lavori di sistemazione della copertura erano iniziati già da alcuni giorni e la PLE era stata utilizzata quotidianamente.
Pochi istanti prima del'incidente, i lavoratori dipendenti della società appaltatrice erano stati portati in quota e lasciati sulla copertura, mentre i due titolari si trovavano nella navicella, di tipo estendibile e ruotabile di 90° tanto a destra, quanto a sinistra.
Nessuno assisteva direttamente all’evento, in quanto i due lavoratori che si trovavano sulla copertura voltavano le spalle alla navicella in quel frangente, salvo udire un forte boato e constatare che la navicella era precipitata al suolo.
Il teatro del sinistro veniva rilevato fotograficamente dai Carabinieri intervenuti e successivamente dagli UPG ASL.
Già il giorno successivo all’infortunio, il personale ASL indirizzava alla Magistratura inquirente una “prima informativa” in cui ricostruiva quale verosimile causa del distacco “il mancato posizionamento del fermo meccanico, costituito da un cilindro da fissare nella apposita sede, manualmente” e, data l’evidente complessità della materia, correttamente richiedeva l’affidamento di una Consulenza Tecnica.
La navicella veniva rinvenuta completamente ruotata verso destra, senza rilevare cedimenti e/o malfunzionamenti (peraltro, la settimana precedente l’infortunio sia il mezzo sia la navicella erano stati sottoposti alla verifica annuale da parte degli ispettori ASL preposti, con esito positivo).
Le verifiche proseguivano per alcuni mesi e nel gennaio 2010 gli UPG ASL inviavano alla Procura della Repubblica una relazione in cui precisavano – tra le altre cose – che la macchina coinvolta nell’infortunio era stata prodotta nel 2001 e, trattandosi di macchinario potenzialmente pericoloso, rientrava tra quelli previsti nell’Allegato IV del DPR 459/96 (che aveva recepito in Italia la 1^ direttiva macchine), motivo per cui il sistema sollevatore – piattaforma era stato marcato CE con l’intervento di un organismo notificato.
La Procura affidava pertanto una Consulenza Tecnica ex art. 360 cpp (accertamento non ripetibile) ad un collegio di due esperti, coinvolgendo nell’accertamento:
- gli eredi del lavoratore deceduto;
- il lavoratore ferito (nella duplice veste di persona offesa e datore di lavoro indagato);
- la stazione appaltante;
- il noleggiatore;
- il costruttore del carro;
- il costruttore della navicella.
Le conclusioni raggiunte nel maggio 2010 dal collegio dei CT del PM, in estrema sintesi, furono le seguenti (sottolineature qui e nel seguito non presenti nell’originale):
“ […] l’evento ha avuto la sua causa determinante nel mancato montaggio del perno di bloccaggio predisposto dal costruttore al fine di garantire un collegamento stabile fra navicella e zattera. Ciò è avvenuto quale conseguenza della sottostima del pericolo derivante dall’impiego del mezzo in tali condizioni, correlato alla condizione di stabilità apparente della navicella ed alla assenza di un sistema di controllo che renda inutilizzabile il mezzo non correttamente impiegato. […]
Nel caso in esame appare sensato considerare il mancato utilizzo del perno di bloccaggio come condizione operativa scorretta ma prevedibile ed attuabile nelle fasi che precedono l’impiego operativo […]
Si ritiene necessario superare tale problematica adottando un sistema di verifica automatica dello stato di bloccaggio della navicella alla zattera, tale da impedire il suo utilizzo in assenza dell’inserimento del perno di sicurezza […]
la macchina, è stata sottoposta ad esame di certificazione CE ad opera in un ente terzo, abilitato a tale funzione (organismo notificato), che ha provveduto a fornire il proprio avallo … questo aspetto merita un opportuno approfondimento per comprendere quali attività siano state effettivamente svolte dallo stesso organismo, nell’ambito della propria funzione.
Non si ritengono invece coinvolti nell’evento luttuoso sia l’Azienda ALFA [NdR: stazione appaltante], sia l’Azienda GAMMA [NdR: noleggiatore].”
Si noti che, nonostante le indagini della ASL avessero già identificato che l’obbligo di marcatura CE era stato necessariamente assolto per il tramite di un organismo notificato, in primis la Procura della Repubblica non aveva ritenuto di inviare opportuno avviso a questo soggetto al momento di disporre l’accertamento (che, si ricorda, è stato considerato non ripetibile ex art. 360 cpp) e neppure i CT del PM (almeno per quanto noto), all’esito dello studio degli atti o, comunque, nel corso dell’accertamento, hanno ritenuto di informare il Magistrato di tale circostanza, al fine di garantire all’organismo il diritto di difesa durante le verifiche tecniche in contraddittorio.
Per questi motivi, nel maggio 2011, la Procura della Repubblica riteneva opportuno affidare ad uno dei CT già nominati un nuovo incarico volto a determinare il ruolo del citato organismo, questa volta nella forma più snella prevista dall’art. 359 cpp (accertamento ripetibile, trattando di esame documentale).
Le conclusioni raggiunte erano che “… la procedura di certificazione esaminata, volta a fornire al costruttore un obbligatorio supporto nell’analisi del rischio presente sul proprio prodotto (coerentemente con le verifiche dei RES riportati nell’allegato I della stessa direttiva), si sia dimostrata in parte lacunosa determinando una condizione di sottostima di una evidente problematica di gestione nell’ambito operativo del mezzo”.
Sulla base delle indagini svolte, nel corso del 2012 la Procura della Repubblica chiedeva il rinvio a giudizio per il noleggiatore, il costruttore del carro e quello della navicella, l’organismo notificato e il datore di lavoro.
Nel 2013, all’esito dell’udienza preliminare, il GUP disponeva il rinvio a giudizio di tutti i predetti soggetti, salvo stralciare la posizione del datore di lavoro – imputato di non aver posizionato il perno che avrebbe consentito il corretto ancoraggio della navicella – che preferiva procedere con sentenza di applicazione della pena (c.d. patteggiamento), mentre tutti gli altri imputati sceglievano procedersi secondo il rito ordinario (dibattimento).
Il dibattimento si celebrava con non comune celerità tra l’ottobre 2013 e il marzo 2014, nonostante un numero sicuramente elevato di imputati, di testimoni, di c.d. “testimoni esperti” (gli ispettori ASL) e di Consulenti Tecnici. Sul punto si son fatte alcune precisazioni sulla dinamica dell'incidente, sulla causa e responsabilità "puntuale ell'infortunio, sulla causa e responsabilità "progettuale" dell'infortunio.
Il Tribunale, riteneva assolversi dall'accusa mossa il noleggiatore e dal punto di vista tecnico per il costruttore e l'organismo, il GIudice assolve con formula piena entrambi "per non aver commesso il fatto".
La sentenza del marzo 2015 confermava il giudizio di I grado. La causa penale proseguiva con giudizio avanti la Suprema Corte di Cassazione, che nel maggio 2016 rigettava i motivi di ricorso, confermando l'assoluzione degli imputati.