Infortunio sul lavoro: la sicurezza in cantiere incontra quella industriale
Un infortunio sul lavoro quasi inspiegabile. È questo quanto accaduto in un cantiere edile, di cui ripercorriamo i punti principali.
Un infortunio sul lavoro in cantiere legato a doppio filo con la sicurezza industriale.
In un cantiere edile per la costruzione di un basso fabbricato da adibirsi ad autorimessa, dove operavano più imprese, a seguito della foratura di uno pneumatico posteriore di una pala meccanica compatta (un modello analogo a quello comunemente chiamato ‘Bobcat’), l’infortunato si apprestava alla sostituzione.
Dopo qualche momento, senza che nessuno assistesse alla scena, veniva rinvenuto privo di sensi, imprigionato e parzialmente schiacciato tra i bracci della pala e la griglia di copertura del tettuccio.
A seguito di una approfondita analisi è stato possibile comprendere la reale dinamica dell’infortunio e le esatte cause che lo provocarono, nell’ambito di un incarico per accertamento tecnico non ripetibile affidato dalla Procura della Repubblica (art. 360 cpp), che chiedeva appunto di individuare cause e concause dell’accaduto, tenendo in considerazione:
le verosimili operazioni compiute dal lavoratore;
- la singolare posizione in cui lo stesso viene soccorso;
- l’eventuale malfunzionamento del mezzo, valutando se ascrivibile a un errore di progetto e/o di costruzione (a carico del fabbricante), ad una manomissione/manipolazione dei dispositivi di sicurezza oppure ad una incuria manutentiva.
Si tratta di una classica pala meccanica compatta gommata, con benna frontale; come per la maggior parte di questi modelli, il movimento della benna (carica/scarica) e quello della pala (bracci su/giù) è comandato da pompe idrauliche azionate da un comando a pedali.
Come indicato nel Manuale d’Uso (MdU), l’operatore entra al posto di comando utilizzando la benna frontale quale “gradino” di salita, per poi voltarsi e sedersi nell’abitacolo, dove ai lati del sedile sono presenti due leve di sicurezza che devono essere ruotate verso il basso in modo da quasi appoggiarsi sul bacino, per impedire di alzarsi/uscire senza rialzarle.
Il macchinario dispone inoltre di:
- due leve verticali, una a destra (dx) e una a sinistra (sx) dell’operatore, che mosse avanti/indietro fanno avanzare/indietreggiare il mezzo, o sterzare nel caso si agisca diversificando la spinta.
- due pedali posti davanti ai piedi dell’operatore, quello di sx alza/abbassa i bracci della pala, mentre quello dx carica/scarica la benna.
Lo stato di usura e conservazione del mezzo, in relazione all’età dello stesso (600 h di lavoro), appare discreto, anche se alcuni particolari (non correlati con l’infortunio) sono risultati rotti o non funzionanti.
Grazie alle varie testimonianze, tra loro concordanti e coerenti con i dati tecnici oggettivi, si ricostruisce che, a seguito della foratura di uno degli pneumatici, il datore di lavoro dell’infortunato – che stava manovrando il mezzo – lo aveva fermato e si era recato ad acquistare una nuova ruota.
Nel frattempo, per facilitare la sostituzione, l’infortunato manovrava il mezzo in modo tale da azionare la benna e spingere contro il terreno per sollevare parzialmente il mezzo e poter far appoggiare la parte posteriore su un grosso laterizio (poi ritrovato in quella posizione).
A conclusione di queste manovre per sollevare il posteriore destro, l’infortunato lascia il posto di guida (quindi barre di sicurezza alzate) e scende per controllare l’appoggio, ripetendo più volte l’operazione.
Quello che avrebbe dovuto allarmare un operatore esperto e/o il Datore di Lavoro è il fatto che – pur sollevando le manopole di sicurezza – il mezzo rimaneva in moto, quando invece avrebbe dovuto spegnersi.
L’operatore, nel risalire al posto di guida, scivolava e appoggiava il piede direttamente sul pedale di comando dei bracci, comandando così la salita degli stessi, circostanza che comprensibilmente mandava in panico il malcapitato, che veniva così intrappolato tra i bracci stessi e il tettuccio della cabina; questa circostanza (bracci meccanici in posizione alta e manopole alzate) fortunatamente azionava una sirena, che allertava i soccorritori.
Questa versione dei fatti, nonostante spiegasse la posizione finale in cui lo stesso venne ritrovato, era incompatibile con le ridondanti sicurezze presenti sul mezzo.
Durante i sopralluoghi sono state svolte varie prove in contraddittorio con i CTP nominati per testare a fondo il corretto funzionamento del macchinario, acquisendo schemi elettrici e idraulici dal fabbricante e procedendo allo smontaggio approfondito tramite officina autorizzata.
All’esito delle verifiche è emerso che:
- la prima anomalia causalmente connessa con l’infortunio consiste nel mancato spegnimento del motore se si solleva la barra di sicurezza oltre il previsto angolo di 32°, come indicato anche nel MdU;
- questo accade perché il leverismo meccanico collegato alla barra non era correttamente regolato (i giochi erano diventati eccessivi, anche se nel MdU non sono indicati gli intervalli di controllo) e con leva bassa non veniva impegnato un microinterruttore, che ha il compito di attivare un relè che avrebbe spento il motore;
- il motivo del mancato spegnimento risiede nel fatto che - durante un intervento manutentivo – era stato invertito il collegamento elettrico del relè che comanda il sistema di sicurezza (manomissione, verosimilmente involontaria poiché si era cercato di ovviare all’eccessivo gioco di cui sopra, non avendo però chiaro il funzionamento del sistema complessivo);
- l’effetto di questa manomissione, combinata con la mancata regolazione dei giochi, permetteva al motore di essere spento solo dal quadro di accensione, e non per intervento delle sicurezze;
Tutto ciò, tuttavia, non spiegava come i pedali potessero essere stati involontariamente azionati, in quanto il leverismo meccanico di cui sopra azionava anche un fermo meccanico assoluto che ne impediva il movimento.
A seguito di ulteriori smontaggi, si è verificato che l’eccessivo gioco del leverismo bloccava sì i pedali, ma in caso di forte pressione (come nel caso in cui l’operatore scivoli e poggi buona parte del peso sul pedale), il puntone di sicurezza non manteneva l’aggancio ed usciva dalla propria sede, sbloccando il pedale e permettendone l’azionamento.
In buona sostanza, l’incuria manutentiva sul leverismo unita alla manomissione elettrica hanno reso inefficienti sia la sicurezza della barra (posizione dell’uomo in cabina), sia la sicurezza del blocco pedali, permettendo così l’accadimento dell’infortunio in occasione di una banale perdita di equilibrio dell’operatore.
Per fortuna, l’ulteriore sistema di sicurezza che – in caso di posizione alzata dei bracci e la barra di sicurezza alzata – aziona una sirena ha attirato l’attenzione degli altri lavoratori, che hanno soccorso in tempo l’infortunato, che ha così riportato lesioni gravi, ma alfine guaribili.
Ecco che la (mancata) sicurezza industriale in fase manutentiva ha così incontrato la (mancata) sicurezza in cantiere, generando l’ennesimo infortunio sul lavoro, a conferma del noto modello del "formaggio coi buchi" di James T. Reason, secondo cui le “falle” di un sistema producono un effetto “nocivo” solo se i buchi del formaggio si allineano, modello che – pur con alcuni limiti – rimane un modo semplice e diretto per spiegare perché, a volte, i sistemi falliscono.